Nel 1967 l’Alfa Romeo avvia uno dei progetti fondamentali per le sorti della Casa del Biscione: frutto di una costante ricerca di miglioramento e innovazione, esso si orienta allo studio della vettura che sarebbe diventata l’Alfetta (tipo “116”), il cui compito era quello di elevare ancora di più il livello tecnico delle berline sportive Alfa Romeo rispetto alle concorrenti. La vettura doveva essere il compendio dell’evoluzione tecnica e dei successi raggiunti nei vent’anni precedenti prima con la Giulietta e poi con la Giulia.
L’Alfetta - presentata nel maggio del 1972 - si rivela immediatamente un successo. Alla presentazione prende parte, come ospite d’onore, il pilota argentino Juan Manuel Fangio, Campione del Mondo di F.1 nel 1951 con la “159”, chiamata informalmente “Alfetta”: questa circostanza è un esempio significativo di come la storia e la tradizione abbiano sempre avuto un ruolo rilevante tra i valori dell’Alfa Romeo. L’Alfetta berlina del 1972 assume questa denominazione perché adotta una soluzione tecnica - il ponte De Dion posteriore, uno tra gli elementi principali della sofisticata meccanica della vettura - che si ritrova anche sulla monoposto del 1951. I contenuti tecnici dell’Alfetta ribadiscono ancora una volta la superiorità dell’ingegneria Alfa Romeo: equipaggiata con un motore da 1.8 cc in grado di erogare 122 cv a 5500 giri/min e raggiungere una velocità massima di 180 km/h.
L’Alfetta del 1972 è stata prodotta fino al 1984 nello stabilimento di Arese in 476.000 esemplari.
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