La Fiat Panda Elettra venne prodotta dal 1990 al 1998. Si trattava di una "conversione" a motore elettrico alimentato con batterie al piombo; probabilmente il prezzo di 25.600.000 lire, la scarsa autonomia (100 km a piena carica con batterie nuove), i lunghi tempi di ricarica (8-10 ore per una carica completa) ed altre limitazioni ne scoraggiarono l'acquisto e la diffusione, nonostante la buona ricezione da parte di pubblico e critica.
Grazie alla sostanziale semplicità della struttura originaria si contennero al minimo le modifiche per la trasformazione da benzina a elettricità; nella conversione venne presa a modello la Panda 750 Fire, con il cambio a 4 marce e tutte le altre dotazioni tipiche di quella versione solo il monoblocco del motore e i relativi accessori furono rimossi per dare spazio al trapianto del motore elettrico e parte del pacco batterie sul davanti, lasciando invece in sede la campana della frizione nonché il pedale della stessa che veniva utilizzato per cambiare le marce (ma non alla partenza), ed anche quindi il cambio e la leva dello stesso; poiché non vi era il contagiri, ed essendo il motore elettrico estremamente silenzioso rispetto a quello delle versioni benzina, si inserirono delle indicazioni sul tachimetro per sapere quando cambiare marcia. L'auto presentava solo due posti, essendo la panchetta posteriore e parte del bagagliaio occupati da 10 delle 12 batterie, nascoste sotto un pianale sul quale si potevano poggiare carichi fino a 150 kg. Persino il serbatoio della benzina fu mantenuto per offrire la possibilità, tramite apposito tasto addizionale sul cruscotto, di attivare un "bruciatore" per scaldare l'abitacolo e sbrinare il parabrezza.
Panda Elettra e Panda Elettra 2
La prima versione montava un motore elettrico da 14 kW a corrente continua. Le prestazioni dichiarate dalla casa costruttrice erano le seguenti:
Velocità massima 70 km/h;
Chilometri massimi fra due ricariche (a velocità costante di 50 km/h): 100;
Motore trasversale a corrente continua con eccitazione in serie - tensione di alimentazione: 72 V;
Batterie al piombo da trazione, 12 moduli in serie da 6 V, capacità totale 172 Ah in 5 h (da cambiare ogni 35.000 km; costo stimato: 2.500.000 lire);
Trazione anteriore.
La seconda versione, disponibile dal maggio 1992 e chiamata "Panda Elettra 2", montava un motore da 17,7 kW e presentava l'opzione delle batterie al nickel-cadmio, offrendo, secondo il comunicato stampa ufficiale dell'epoca, il 50% in più come rapporto peso-potenza, e una vita di oltre 2000 cicli di carico/scarico. Le principali innovazioni della "Panda Elettra 2", oltre alle nuove batterie e motore poco più potente del precedente, furono:
Caricabatterie ridisegnato, più leggero e compatto, che trovava ora spazio nel cofano anteriore al posto della ruota di scorta
Freno rigenerativo migliorato;
Pneumatici a basso attrito;
Griglia frontale ridisegnata.
Computer di bordo (mod. MTC MCC 4000), inserito nello spazio dell'autoradio mostrava la percentuale di carica, la corrente assorbita, la capacità delle batterie e la tensione della batteria ausiliaria.
Da sempre mirata all'utilizzo urbano e commerciale, trovò il suo maggiore utilizzo nel progetto "Elettra Park", patrocinato dalla città di Torino nel 1996. La vettura sorprese i test driver della rivista Quattroruote per la sua silenziosità: "dolcissima e assolutamente silenziosa: di gran lunga la vettura a trazione elettrica meno rumorosa che abbiamo mai provato, nella quale solo il rollìo degli pneumatici e il frusciare dell'aria contro gli specchietti sottolineano la marcia". Anche alcune personalità di spicco dell'epoca si mostrarono entusiaste dopo aver provato la Panda Elettra: Ottavia Piccolo disse: "Che meraviglia! È maneggevolissima; stupenda". Il prezzo al lancio di 25.600.000 lire fu, forse, uno degli ostacoli maggiori all'acquisto: per lo stesso prezzo si poteva, all'epoca, acquistare una BMW 318i o addirittura tre Panda 750 Young.
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