Nel 1984 la Lancia sta lavorando al progetto della Delta S4, destinata a sostituire la 037 Rally, anche se avendo riscontrato successo a bordo di quest'ultima, non potevano più fare affidamento alla sola trazione posteriore, in quanto il mondo del rally si stava evolvendo verso la trazione integrale.
Giorgio Pianta, pilota e collaudatore Abarth, ha la soluzione: decide di trapiantare un secondo motore a quattro cilindri alla Lancia Trevi VX. La scelta della vettura è piuttosto inappropriata al ruolo che dovrà compiere, infatti stiamo parlando di una berlina e non di una macchina da corsa. Comunque ebbe l'appoggio di Alberto Fiorio, direttore dello stabilimento di Chivasso e Cesare Fiorio, direttore sportivo della Squadra Corse HF della Lancia.
Pianta utilizza la Trevi VX, il top della gamma grazie al compressore volumetrico. La bimotore ha due motori a quattro cilindri in linea da 150 cv e una cubatura di 1995 cm³ ciascuno. Quello di serie è posizionato anteriormente, il secondo è in posizione posteriore-centrale, tutti e due sono trasversali. Il motore aggiunto prende la posizione del divano posteriore ed è accoppiato alla trasmissione; il tutto è ancorato ad una intelaiatura saldata alla scocca. Inoltre la gabbia del secondo motore contribuisce, grazie a traverse, a irrigidire l'intera struttura della macchina e vengono anche saldate le portiere posteriori. I costruttori riescono ad avere anche quindici cavalli in più per ciascun motore grazie all'aggiunta di pulegge di diametro inferiore che aumentano il regime di rotazione dei compressori volumetrici.
Lo scarico anteriore sfocia lungo la fiancata sinistra mentre quello posteriore è in coda. Uno dei problemi di quest'auto riguardava il raffreddamento del motore centrale, così le griglie di sfogo dell'aria dentro l'abitacolo vengono aperte verso l'esterno e si sono muniti di due "orecchie" ricavate nelle porte posteriori. Nonostante questo la macchina se restava ferma con motore acceso si surriscaldava ugualmente. I meccanici della Squadra Corse HF, hanno unificato il funzionamento dei gruppi meccanici, quindi il pilota gestiva due motori direttamente dal posto di guida. Inoltre attraverso un comando definito "drive by wire", l'acceleratore gestisce i due carburatori Weber 36, anche se la risposta non era delle migliori a causa della minimalista elettronica di quegli anni. Così decidono di realizzare un cavo bowden, per gestire meccanicamente l'acceleratore.
Per quanto riguarda la telaistica, parliamo di una berlina tre volumi con scocca portante e carrozzeria in acciaio, con la tipica livrea rossa e le bande centrali gialle e blu delle Fulvia HF. Aveva sospensioni anteriori e posteriori a ruote indipendenti MacPherson, molle elicoidali, barre stabilizzatrici e ammortizzatori idraulici telescopici. Il serbatoio doveva alimentare due motori ed era posizionato nel bagagliaio con una capacità di 130 litri. La Trevi VX bimotore riusciva a raggiungere una velocità di 230 km/h
Commenti
Posta un commento