Le loro mansioni non sono cambiate più di tanto, anche se hanno dovuto adattarsi ad un’altra linea e si sono visti ridurre le ore di lavoro per via del contratto di solidarietà. Ma dire addio alla Punto, per quasi mille operai dello stabilimento Fca-Sata di San Nicola di Melfi è stato difficile: un po’ come voltare pagina e lasciarsi dietro un passato comunque importante, fatto di impegno, sacrifici, ma anche di bei ricordi e soddisfazioni. «Ora stiamo lavorando per la Jeep Renegade e per la 500X, ma è veramente strano vedere quella linea vuota: è tutto spento, fermo, in attesa del nuovo modello», racconta Massimo Capano, il lavoratore Sata che pochi giorni fa aveva immortalato la scocca dell’ultima Punto prodotta a Melfi postando la foto su Facebook. Per molti lavoratori, venerdì scorso è stato un po’ come l’ultimo giorno al liceo.
«Abbiamo scattato foto di gruppo e salutato l’ultima Punto, una vettura di colore bianco che faceva parte di uno stock finale di ordinazioni.
Per noi - prosegue Capano - inizia oggi un’altra avventura, siamo tutti fiduciosi ma allo stesso tempo dobbiamo ammettere che un pizzico di preoccupazione c’è. Purtroppo Marchionne non c’è più. Aveva presentato un piano industriale in cui il ruolo del nostro stabilimento era molto importante.
Ci aspettiamo che il nuovo management abbia la stessa considerazione nei nostri confronti e non un interesse diverso. Marchionne, a modo suo - aggiunge - ha cercato sempre di salvaguardare gli stabilimenti italiani.
La sua intuizione è stata quella di assegnare alle nostre fabbriche modelli di segmento più alto, poiché aveva capito che al giorno d’oggi le auto di massa devono essere prodotte dove il costo del lavoro è più basso. Speriamo che per noi ci sia ancora futuro». Massimo Capano è uno dei primi assunti alla Fiat di Melfi.
La sua esperienza in Sata è iniziata addirittura quando lo stabilimento lucano non era ancora stato costruito. «Ho fatto parte di quel gruppo di persone - racconta - che nel 1992 venne mandato a fare formazione a Torino e che poi andò in giro negli altri stabilimenti, fra cui quello di Cassino, per fare esperienza». Massimo era giovanissimo, quando lasciò il suo paese del foggiano, Sant’Agata di Puglia, per andare a farsi le ossa a Mirafiori. «Nel 1993 - dice ancora - ci assegnarono a Melfi e ci impiegarono anche per dare una mano a costruire le linee. Allora c’erano solo i tetti, le lamiere di zinco, i bagni chimici. Se pioveva dentro si bagnava tutto. Abbiamo visto nascere questa fabbrica dalle fondamenta».
Nel frattempo Massimo ha fatto carriera ed ora è tecnologo e si occupa degli impianti. «Sono orgoglioso - conclude - del lavoro che tutti noi abbiamo svolto finora. Abbiamo superato i cinque milioni di vetture prodotte. Vogliamo continuare ancora».
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