“Se non abbiamo capito che l’amministrazione Trump sta provando a correggere delle ingiustizie subite negli ultimi anni dagli Usa, non inquadriamo la questione dei dazi. Io non sono d’accordo con questa politica, ma dobbiamo essere cauti e mantenere la mente fredda per dare il giudizio sulla questione”. Così Sergio Marchionne al Salone di Ginevra. “Avevamo dei potenziali investimenti in Canada e Messico, e l’abolizione del Nafta potrebbe cambiare le carte in tavola, chiaramente. Ma non voglio entrare in nessuna guerra psicologica: l’eventuale imposizione di dazi sull’acciaio crediamo di poterla assorbire nell’arco del 2018. In ogni caso, non sono né pessimista né allarmista come altri: dobbiamo stare calmi e lavorare con l’amministrazione Usa”.
Sull’agenda c’è la transizione tra il diesel e l’elettrico. Ma non è ancora il momento di parlarne: “Riceverete una risposta il primo giugno. Ma quello che vedete ai saloni da un certo numero di anni è un impegno enorme per modificare i tipi di alimentazione. Eppure l’elettrico rappresenta una frazione minima del mercato: il futuro non è il presente, quindi dobbiamo fare attenzione. Ci vorrà tempo prima di vedere l’elettrico prendere quota”. In ogni caso, “il diesel sta perdendo quote su tutti i mercati europei. Detto ciò il distacco del pubblico da questo tipo di alimentazione significa che ridurremo sostanzialmente la dipendenza dal diesel. Ci spingono in questa direzione anche le nuove regolamentazioni, ma dipende sempre dal mercato”.
Si è discusso dell’arrivo di Li Shufu nel capitale di Daimler: “L’interesse dei cinesi è ovvio. È ragionevole che vogliano fare alleanze per abbassare i costi di sviluppo delle nuove tecnologie che sono molto costose. L’ingresso di Geely in Daimler riflette proprio questo: l’esigenza di ottimizzare le spese per ricerca e sviluppo. È tutto parte di una tendenza più ampia: non sono negativo su un maggiore peso dei cinesi nel settore automobilistico. Il mercato è libero”.
Sui piani di sviluppo in tema di "guida autonoma ed elettrificazione bisogna aspettare il primo giugno", quando sarà presentato il nuovo piano. Marchionne ha rivendicato: "Siamo stati gli unici a non fare gran casino sul mercato sulla nostra capacità di fare auto con queste nuove tecnologie", spiegando che "prima abbiamo cercato di capire i limiti di questa tecnologia e la tempistica, siamo convinti di aver aspettato in maniera intelligente
Nel tempo, le convinzioni dell’ad non sono cambiate, sul tema delle sinergie: “Da Confessioni di un drogato di capitale non ho cambiato idea. E lo sviluppo delle nuove tecnologie mi fa più forte nelle mie convinzioni. Se guardate alle aziende che hanno avviato la rete ferroviaria nell’800 in Inghilterra, non ne è sopravvissuta una. Tutte sono rimaste vittima delle spese eccessive e della mancanza di sinergie all’interno del settore”.
Le maggiori soddisfazioni per Marchionne continuano ad arrivare da Jeep: “Avevamo detto subito che sarebbe diventato il principale marchio del nostro gruppo. Gli abbiamo dato spazio e continueremo a farlo con i nuovi modelli e gli aggiornamenti. È un marchio dalla forza eccezionale e sarà una parte essenziale del piano fino al 2022”.
Anche su Alfa Romeo, Marchionne ha espresso considerazioni: “Non voglio che il mio successore soffra quello che ho sofferto io incontrando la stampa che mi ricorda continuamente i mancati obiettivi di volume. Non ne daremo più: parleremo di obiettivi finanziari. Abbiamo dovuto creare un’infrastruttura tecnica di base condivisa con Maserati in grado di competere con i tedeschi. La cooperazione tra Alfa e Maserati funziona, e questa è la vera domanda da fare. Maserati senza Alfa avrebbe le gambe molto corte. Con Giulia e Stelvio abbiamo dimostrato il nostro livello tecnico: ora lasciate lavorare i nostri uffici commerciali”. Restano oblique le risposte sul fronte di possibili derivate della Giulia: se da un lato Marchionne non ha commentato la possibilità di una variante coupé, ha aperto la porta a un maggiore impegno dell’Alfa Romeo sul fronte dei modelli sportivi. “Non c’è dubbio”. Ma fino a giugno le considerazioni rimarranno vaghe. Più chiare invece quelle sul futuro della MiTo: “Il mercato per le tre porte compatte si è fortemente contratto”. La prima Maserati su architettura Alfa la vedremo tra fine 2019 e inizio 2020. E sarà prodotta in Italia, come tutti gli altri modelli dei due marchi: “Abbiamo capacità produttiva in Italia per le decisioni che abbiamo preso in passato su Cassino, Mirafiori e le ex fabbriche Bertone. Con quella strategia abbiamo garantito un futuro alla rete produttiva italiana”.
L’incontro con i cinesi della scorsa estate è stato minimizzato: “Geely è venuta da noi, ci siamo incontrati, è stato un incontro piacevole e non abbiamo concluso nulla perché non c’era nulla da concludere. Nessun interesse nell’acquisizione di FCA: il nostro obiettivo è quello di raggiungere i nostri obiettivi 2018. Soltanto stamattina ho incontrato Andrea Bonomi di Aston Martin e il mio omologo di Peugeot. Ma questo non significa che abbia stretto accordi con loro”.
In F1 “Sarà dura. La macchina è in buone condizioni e non ho i timori sullo sviluppo che avevo l’anno scorso. Ma è impossibile giudicare a che punto è la Mercedes fino a Melbourne. In ogni caso, sono convinto dell’affidabilità della power unit”. “Alla Formula E ci pensiamo, ma non è una nostra priorità al momento. La tecnologia che usa adesso non ci interessa tanto da entrare. Non vedo benefici, ma teniamo d’occhio la situazione. Intanto la priorità resta quella di valutare i risultati di Alfa in Formula 1: “Soltanto dopo capiremo se sia il caso di incrementare il nostro coinvolgimento con Sauber. Ho pensato anche ad affiancare il marchio Maserati ad Haas, ma non è una priorità”.
Fiat. “Abbiamo bisogno di fare spazio ai marchi più potenti. Non sto uccidendo Fiat, credo che abbia un grande futuro in America Latina, e che in Europa possa contare sulla forza della 500. Ma non dobbiamo essere emotivi: la rilevanza di Fiat per il pubblico è diminuita. Prendete la Lancia: io guido una Delta Integrale e credo che fosse la migliore macchina che il gruppo costruiva all’epoca. Ma poi il marchio ha perso importanza”.
Successione. “Il mio successore non sa chi sarà. Lo saprà mezz’ora prima dell’annuncio ufficiale”, ha scherzato Marchionne. “È successo così a me e non vedo perché debba andare diversamente per lui”. L’ad ha poi confermato che il nome non verrà reso noto a giugno, e che le tempistiche della sua uscita di scena (a inizio 2019) restano invariate.
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