I panni sporchi si lavano in famiglia. Frase di uso comune, banale, ma utile per ricordare come, universalmente, più debolezze si nascondono, migliore sarà l'immagine di sé.
La Saab negli anni '70 cercava di rinnovare un po' la propria gamma, vetusta e risalente al decennio precedente. La 99 era il fulcro della produzione svedese, da una cui costola nacque il "mito" 900: la stessa auto che, evoluzione su evoluzione, resistette fino al 1993.
Il problema era, essenzialmente, sotto la 99. Risiedeva in quella 96, il modello originario della produzione automobilistica Saab, che aveva attraversato due decenni e che presentava ormai i segni di un invecchiamento naturale, sia estetico che tecnico. Sostituire la 96, per l'ancora giovane casa svedese era un problema di non poco conto. Le energie erano tutte riservate al modello 99/900 che all'estero riscuoteva sempre maggiori consensi e che, per questo, non poteva (e non doveva) essere trascurato. La politica di Saab fu, quindi, quella di mantenere per i mercati esteri una gamma praticamente monomodello - la 900 e la 99, seppur con motorizzazioni e finiture differenti avevano un corpo vettura analogo - mentre per il mercato interno, dove la 96 trovava ancora ragion d'essere, si doveva ricercare un partner, qualcuno che fornisse know-how a buon mercato per realizzare una vettura due volumi di classe media.
Il contesto del periodo sicuramente poteva far pensare ad un partner giapponese, d'altronde era già noto e conclamato che i nipponici costruivano buone auto, ma per motivi strategici (ma anche per una banale questione di immagine), gli svedesi preferirono cercare aiuto in Europa. Interlocutore "titolare" per Saab, in quella prima metà degli anni Settanta, era la Fiat. Tra Trolatthan e Torino c'era uno stabile rapporto di partnership industriale finalizzato, da un lato ad acquisire le conoscenze per perfezionare le tecniche di protezione dei lamierati dalla corrosione, dall'altro ad avere supporto ed assistenza tecnica per un eventuale ampliamento della gamma. E proprio in quegli anni le due case automobilistiche misero a punto il progetto congiunto da cui nacquero autentiche pietre miliari come la 9000, la Thema e la Croma. Ma, se la 9000 era prevista per la metà degli anni 80, la piccola di casa urgeva presentarla subito: nacque quindi nel 1975 il progetto che in Saab chiamarono "600".
La vettura sarebbe stata concepita interamente in quel di Torino, con caratteristiche estetiche e tecniche tali da poterla facilmente integrare nella gamma della casa svedese, che abbinava prestazioni di rango (la Saab fu la prima ad applicare su un'auto di serie il turbocompressore) ad un estetica originale ed elegante. A Torino, quindi, con l'aiuto di uno studio di design esterno, realizzarono una vettura media, lunga meno di quattro metri, ma dotata di caratteristiche tali da poterne facilmente fare una Saab.
Nel 1980 la Saab 600 era pronta ad affrontare il mercato svedese, forte di un'estetica personale e di soluzioni tecniche moderne ed efficaci. Purtroppo la vettura, realizzata a Torino
ed identica ad un analogo modello italiano non potè usufruire a pieno delle nuove soluzioni in tema di difesa dalla corrosione. In pratica, le Saab 600 non erano minimamente adatte al clima e all'aggressività delle strade svedesi, "salatissime" per via del clima rigido. Già nei primi mesi di commercializzazione la 600 parve "strutturalmente inadatta" al mercato svedese: resistette fino al 1982 per poi essere ritirata dal mercato.
Era la gemella della nostra Lancia Delta.
Fonte omniauto.it
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